Adamello Winter North Face Adamello Winter North Face

Adamello Winter North Face

Un appassionante racconto dell'alpinista Emanuele Andeozzi durante la salita della parete nord dell'Adamello nell'inverno 2021
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La parete nord dell’Adamello in invernale era una di quelle salite che volevo fortemente e per la quale ero disposto a tentarla senza badare a quanto ghiaccio vi fosse in parete. Un periodo di tempo stabile ed un compagno di cordata motivato era tutto ciò di cui avevo bisogno.

D’inverno non bazzica nessuno da quelle parti, il posto è lontano e isolato, dunque anche volendo, non era possibile reperire informazioni attendibili. Però ero perfettamente consapevole di quanto fosse improbabile che il ghiaccio abbondasse, specialmente nei mesi di febbraio e marzo, quando la parete prende in pieno i venti da nord e nord-ovest, che “asciugano” il ghiaccio.

Anche se non ha il fascino delle più famose pareti nord delle Alpi, affrontarla d’inverno e in condizioni di “secche” (con poco ghiaccio n.d.r.), risulta essere una parete tutto meno che banale.

La mattina del 2 marzo 2021, con “FranzFrancesco Nardelli arrivammo al parcheggio nei pressi di Temù. Il lungo avvicinamento, che avrebbe occupato tutta la giornata, iniziava da lì. Ci caricammo i pesanti zaini sulla schiena, calzammo gli sci e lentamente ci avviammo. Negli zaini avevamo tutto ciò che sarebbe stato necessario per la scalata e per essere completamente autosufficienti nei successivi due/tre giorni, compresa la tenda, i sacchi a pelo e i materassini.

In teoria avremo potuto risparmiarci il peso di questi tre oggetti andando a dormire nel locale invernale del Rifugio Garibaldi, fornito di letti e coperte, ma dal momento in cui il nostro mantra era ”ciò che conta è lo stile”, non lo prendemmo neanche in considerazione. La nostra doveva essere una salita in puro stile alpino, in totale autonomia.

Nel tardo pomeriggio giungemmo nei pressi del ghiacciaio e piantammo la tenda su un dosso morenico. Avevamo la parete nord dell’Adamello dritta sopra di noi, era veramente bellissima, non ci sarebbe stato altro posto al mondo in cui mi sarei voluto trovare in quel momento e non vedevo l’ora di scalarla.

bivacco sul ghiacciaio ai piedi della parete nordbivacco sul ghiacciaio ai piedi della parete nord
itinerario di salita e di discesa, con il luogo del primo bivaccoitinerario di salita e di discesa, con il luogo del primo bivacco
E.Andreozzi al mattino dopo il primo bivaccoE.Andreozzi al mattino dopo il primo bivacco

Come previsto, non c’era praticamente neanche una delle numerose e abbondanti colate di ghiaccio presenti nella foto della relazione. Ci mettemmo a studiare insieme la parete, cercando di capire quale fosse la linea migliore da tentare ed entrambi concordammo che la cosa più logica sarebbe stata quella di provare a salire  dove passa la via chiamata "Hello woman of my dreams".

Ne ero felice, perché già da casa avevo adocchiato tale linea come la più bella e suggestiva sulla parete.

Presto venne buio e ci rintanammo nella nostra tendina a cenare. Fu una notte confortevolmente calda e la mattina eravamo dunque ben riposati e pronti per la lunga e faticosa giornata che ci attendeva. Dopo aver fatto colazione, calzammo i ramponi e ci legammo già davanti alla tenda, il ghiacciaio, con i crepacci nascosti dalla neve invernale, era una faccenda da non sottovalutare.

F.Nardelli sulla Parete Nord dell'AdamelloF.Nardelli sulla Parete Nord dell'Adamello
E.Andreozzi sulla Parete Nord dell'AdamelloE.Andreozzi sulla Parete Nord dell'Adamello

Raggiunta la parete, iniziammo ad alternarci al comando della cordata. Nel frattempo stava albeggiando e per qualche istante venimmo inondati da una particolare e bellissima luce color lilla. Faceva maledettamente freddo, appena attrezzata la sosta, la prima cosa da fare era indossare il piumino e cambiare i guanti, mettendo quelli imbottiti. Non riuscivamo stare fermi neanche un minuto senza avere addosso piumino e moffole, dunque la nostra scelta di scalare con uno zaino a testa, si rivelò provvidenziale, perché così ognuno aveva con se il proprio materiale da indossare appena terminata la lunghezza di corda. Dopo qualche facile tiro, raggiungemmo l’inizio delle difficoltà, era subito il tratto chiave di tutta la parete. L’assenza di ghiaccio ci costrinse a scalare a destra del diedro che viene salito di solito, su ripida e nuda roccia con picche e ramponi. Per quattro tiri l’arrampicata fu particolarmente difficile, sempre intorno ad M7.

Incredibile pensare che quando quel tratto è in condizioni, viene scalato qualche metro più a sinistra, con ghiaccio ripido al massimo 80 gradi, praticamente un altro mondo! Pur se difficile, potevamo godere di una scalata di rara bellezza, la roccia si prestava perfettamente sia agli incastri delle picche che alle protezioni. Purtroppo però avevamo portato con noi una sola serie di friend, oltre agli immancabili nuts e i chiodi naturalmente. Per affrontare tali difficoltà avremmo avuto bisogno di ben più materiale, d’altronde ci aspettavamo una scalata un po’ più agevole. In quel tratto fummo così costretti a procedere lentamente a tiri corti. Fortunatamente nella porzione centrale della parete trovammo del ghiaccio, che pur molto esile, era sufficiente a farci accelerare e riguadagnare almeno in parte il tempo perduto. La scalata era sempre superba e si svolgeva su aleatorie placche di Alpin Ice, stavamo veramente salendo una linea da sogno e ne eravamo entusiasti.

F.Nardelli sul Headwall terminaleF.Nardelli sul Headwall terminale
E.Andreozzi sulla parete nord dell AdamelloE.Andreozzi sulla parete nord dell Adamello

Raggiungemmo così la “Headwall”, ovvero l’ultimo tratto di parete, ma prima di affrontarlo, ci fermammo a sciogliere della neve. Avevamo tremendamente bisogno di rifocillarci, stavamo tirando a ritmi altissimi da troppo tempo e l’acqua che avevamo fatto la mattina era finita da diverse ore. Quando riprendemmo a scalare, incontrammo anche gli unici tre chiodi di tutta la via, segno che probabilmente ci trovavamo in quello che solitamente è il tiro chiave, ma nel nostro caso si tratterà di quello più facile di tutta la via, qualcosa intorno ad M5. Potevamo scalare dunque piuttosto fluidamente, probabilmente, a differenza del resto della parete, quella sezione non era tanto diversa rispetto a quando ci sono buone condizioni. Bastarono cinque tiri per uscire dalla parete, ma solo perché Franz decise di fare un ultima lunghezza di oltre ottanta metri, dunque per una ventina di metri scalammo in conserva su terreno non proprio banale.

Uscimmo dalla parete che ormai era buio. Prima di scendere andammo in vetta, che era pochi metri a destra dell’uscita della nostra via. Ci dirigemmo verso il Passo degli Inglesi, da dove scendeva il canale di neve che ci avrebbe riportato sul versante nord. Eravamo piuttosto stanchi e quando verso le otto e mezza di sera raggiungemmo la nostra tenda, quel minuscolo buco giallo, dove stavamo a malapena dentro in due, ci sembrava il posto più accogliente e confortevole del mondo.

Prima di addormentarci, sciogliemmo la neve e mangiammo l’ultima bustina liofilizzata al caldo dei nostri sacchi a pelo. Fuori faceva veramente freddo, tutto congelava all’istante, bastava prendere un cucchiaio d’acqua dal contenitore del fornelletto che in pochi secondi gelava. Ma dentro tenda e sacco a pelo non potevamo lamentarci, per assurdo fu una notte ancora più calda della precedente e dormimmo davvero bene.

F.Nardelli sulla parete Nord dell'AdamelloF.Nardelli sulla parete Nord dell'Adamello
F.Nardelli e E.Andreozzi in vettaF.Nardelli e E.Andreozzi in vetta

Non ricordo nella mia vita due bivacchi di fila ad una temperatura così confortevole. La mattina successiva non avevamo nessuna fretta di tornare alla civiltà e ci gustammo a pieno il bellissimo ambiente in cui ci trovavamo. Con calma smontammo il bivacco, mettendo tutto con cura nei nostri zaini e poi iniziammo la discesa. Per nostra sfortuna, il cielo rimase coperto dalle nuvole e senza il riscaldamento dato dal sole, la neve era in molti tratti maledettamente crostosa.

Già sciare con gli enormi zaini pesanti che avevamo sulla schiena non era piacevole, ma farlo sulla crosta fu una vera e propria tortura. Ad ogni modo, arrivammo alla macchina con le ginocchia sane e salve e la nostra avventura, dopo tre giorni, era giunta davvero al termine.


n.d.r. Emanuele Andreozzi è un testimonial dei prodotti ELBEC sin dall'inizio e lo accompagnano regolarmente in tutte le sue avventure da qualche anno. Se volete avere maggiori informazioni sulla visione di Emanule Andreozzi e sul suo stile alpino puro vi consigliamo anche di leggere la sua intervista: "rispettiamo la Montagna"

Autore
Emanule Andreozzi
Emanule Andreozzi
Alpinista in stile alpino frequenta il corso Aspirante Guida Alpine Trentine
Per Emanuele Andreozzi "lo stile è tutto". Alpinista di altissimo livello e testimonial ELBEC affronta le salite in montagna rigorosamente in stile alpino
Alla domanda del perché risponde: "semplicemente è l'unico modo in cui mi piace arrampicare una montagna". Ama seguire le linee logiche e naturali delle pareti e non è attratto dalla dimensione sportiva e moderna dell'arrampicata. E' rimasto stregato dai racconti delle salite di Barry Blanchard, Scott Backes, Steve House, Mark Twight, Mick Fowler e Paul Ramsden ed il suo grande sogno è quello di riuscire a scalare in stile alpino in Himalaya ed in Alaska.
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