Rispettiamo La Montagna Rispettiamo La Montagna

Rispettiamo La Montagna

"Amare la montagna significa rispettarla per quello che è". L'alpinista Emanuele Andreozzi ci racconta il suo modo di andare in montagna senza aiuti ne compromessi.
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Emanuele Andreozzi, metà siciliano metà olandese, nella vita ha fatto un po’ di tutto: giardiniere, manovale, raccolta frutta, custode di un campo sportivo, ma ciò che conta per lui non è il lavoro che fa, ma il tempo libero che ti lascia… per andare in montagna.

Eppure possiamo proprio dire che non sei un alpinista per caso

Direi proprio di no, sono un alpinista per profonda passione. A differenza di molti miei “colleghi” non sono nato sulle Alpi, non sono cresciuto in mezzo alle montagne, non avevo genitori appassionati e non ho messo gli sci a 3 anni. Niente di tutto ciò. Sono nato e cresciuto in Sicilia e mia mamma per giunta è olandese, quindi proprio la montagna non era nella cultura della mia famiglia! Difatti fino ai 18 anni non mi aveva mai interessato, poi dal nulla ho cominciato ad avventurarmi da solo tra le montagne dell'entroterra siciliano che avevo intorno a casa. Facevo lunghe passeggiate, cercavo posti nuovi sempre più distanti dai sentieri tracciati, l'importante era stare il più lontano possibile dagli esseri umani o da qualsiasi struttura creata dall'uomo. Era un periodo particolare per me, le persone e le purtroppo note problematiche dell'isola non mi facevano stare bene, così avevo bisogno di evadere da quella realtà. Ma durante quelle passeggiate solitarie è scattato qualcosa, che compiuti i venti anni, con il mio primo corso d’arrampicata su roccia è diventato più evidente.

Che cosa è successo dopo quel corso di arrampicata?

Avevo deciso di scappare dalla Sicilia per andare a vivere in Olanda, la terra di mia madre. Ma quando ho cominciato ad arrampicare è stata un’illuminazione: improvvisamente ho capito che era quella la mia vita. E stato un colpo di testa. Di punto in bianco basta Sicilia e anche basta Olanda, anche se avevo già fatto tutto il trasloco e lì avrei avuto un buon lavoro e un buon guadagno. Insomma, l’Olanda era la migliore scelta razionale, ma dentro di me bruciava una passione così forte da zittire ogni tipo di ragionamento. Finalmente sapevo quel che volevo: andare a vivere in montagna. E mi sono trasferito in Trentino.

Che cosa è cambiato nella tua vita?

Tutto. In Trentino ho trovato la mia isola felice, non solo per le bellissime montagne, ma anche per le persone che incontravo: mi sembrava di essere rinato, non andavo più in montagna per scappare dalla gente, ma per pura passione. Anzi, in poco tempo avevo tantissimi amici, più di quanti non ne avessi mai avuti in tutta la mia vita. Ero da solo, lontano dagli affetti della mia famiglia, ma non mi sono mai sentito così a casa come in Trentino! E adesso vorrei fare della mia passione il mio lavoro. Per questo quest'anno ho iniziato i corsi per diventare Guida Alpina.

Dolomiti di Brenta - la via che non c'èDolomiti di Brenta - la via che non c'è
Dolomiti di Brenta - Scivolo NordDolomiti di Brenta - Scivolo Nord

Come vivi la montagna?

Il punto cruciale per me è la ricerca dell’avventura. Può sembrare banale, ma non lo è. Anzi, la considero proprio la differenza principale tra me e la maggioranza delle persone che oggi vanno ad arrampicare. Io non sono figlio dell’arrampicata sportiva. Molti hanno iniziato ad andare in montagna praticando questo sport, dunque “culturalmente” si sono formati seguendo i suoi principi, come è logico che sia. Oggi ci sono prevalentemente persone che vanno a scalare cercando il piacere del movimento su bella roccia e che apprezzano tutte le comodità date dai rifugi, funivie e spit. Come in falesia, anche quando vanno in montagna, arrampicare rimane un piacevole passatempo, tutto da godere, senza sofferenze. Ben venga, è giusto che sia così, perché se l’arrampicata è piacere, relax e compagnia, l’alpinismo è sofferenza, fatica e isolamento, dunque é semplicemente normale che la maggior parte della gente non sia disposta a vivere da alpinista..

In montagna c’è posto per tutti, dunque.

In teoria sì, ma quello che non mi sta bene è la volontà di piegare la montagna a questo tipo di scalata. Molte vie storiche hanno una roccia molto bella e si prestano perfettamente al gioco cercato dai tanti arrampicatori. Da qui la necessità, secondo alcuni, di intervenire mettendo gli spit, generalmente alle soste. Per la maggior parte delle persone questo va bene, d’altronde in arrampicata sportiva lo spit è la norma. Per me no; io sono un alpinista.

E che cosa pensa un alpinista?

Che è semplicemente inaccettabile. Il problema è che gli alpinisti sono in nettissima minoranza. Io penso che le persone dovrebbero avere maggior rispetto della storia, ricordarsi che l’arrampicata, anche se poi ha abbracciato princìpi totalmente opposti, è sempre figlia dell’alpinismo. Le vecchie vie sono come un’opera d’arte in un museo, ci raccontano del passato e vanno preservate e rispettate. Facendo un esempio pratico, Bonatti apriva le vie senza usare chiodi a pressione.

Lo faceva per scelta, perché in quel periodo spopolavano le direttissime con i chiodi a pressione e quasi tutti gli alpinisti di punta li usavano, chi più chi meno. Dunque se lui non li ha usati, è perchè non voleva usarli! Bisogna semplicemente avere rispetto di questo. Ad esempio io trovo veramente vergognoso soprattutto quello che sta succedendo sul massiccio del Monte Bianco e dintorni, dove si mettono spit alle soste ovunque e indiscriminatamente, fregandosene della storia delle vie e dell’etica dell’apritore.

Quali sono le regole che ti sei imposto per andare in montagna?

Io rifiuto ogni possibile aiuto esterno:

Niente funivie, niente rifugi, niente bivacchi in lamiera e soprattutto niente spit.


Tutto ciò di cui ho bisogno per sopravvivere e scalare è dentro il mio zaino.
Questo perché io traggo vero piacere dall’avventura, e anche se noto che questa cosa non viene capita quasi da nessuno, per me è incredibilmente appagante. Qualsiasi cosa inquini la purezza dell’avventura è per me soltanto un elemento di disturbo che rovina inesorabilmente l’esperienza.
Dunque non è solo il gesto dell’arrampicata a darmi piacere, ma anche lo stile in cui affronto un’ascensione.
Un'arrampicata senza stile è un'attività fisica completamente insignificante.


Nella tua visione c’è anche una spinta, diciamo così, “etica”?

Non sono arrivato a questo pensiero per etica, sarebbe stupido e limitante. Ci sono arrivato per esperienza, scoprendo ciò che mi piaceva e non mi piaceva. In passato ho arrampicato su vie a spit o con i chiodi a pressione, e ho semplicemente scoperto che non mi piaceva. Tutto qui. Adesso posso anche parlare di etica, posso dire che le funivie o gli spit rovinano le montagne, ma sono sincero, se per caso mi fosse piaciuto scalare sugli spit, oggi probabilmente il mio pensiero sarebbe stato un altro. Molti mi dicono che a essere così selettivo mi sto perdendo tante cose belle, ma davvero, io sto semplicemente seguendo ciò che mi piace fare, la vita è troppo breve per fare ciò che non piace, specialmente in montagna, dove non è il dottore a dirti di andare. Sarò poco di moda, ma seguo sempre il cuore.

E che desideri cela il tuo cuore?

Il mio grande sogno è scalare nelle montagne dell'Himalaya o del Karakorum in stile alpino. Lì non ci sono funivie o rifugi a ridurre le distanze e le montagne sono incredibilmente grandi.

Sei già stato in Himalaya?

Sì, ad agosto 2019 con il mio amico Paolo Valentini siamo andati in Pakistan, nella Rupal Valley. Abbiamo aperto una nuova via di circa 1.200 metri sull’Eran Peak, una cima intorno ai 6.000 metri di quota. La via non era difficile, ma eravamo solo noi e la montagna, questo bastava per rendere la salita estremamente appagante. Inoltre io avevo anche salito da solo i primi 2.000 metri della via Messner sulla Parete Rupal del Nanga Parbat: mi sono mosso sempre in base al mio livello, però è stata un’esplorazione che mi ha fatto capire tante cose.

Monte Bianco - Cresta dell'Innominata Monte Bianco - Cresta dell'Innominata
Piccola Civetta - DolomitiPiccola Civetta - Dolomiti
Emanuele Andreozzi in sostaEmanuele Andreozzi in sosta

Che cosa hai imparato?

Che non potevo pretendere di muovermi in Himalaya con lo stile leggero e veloce che utilizzavo sulle Alpi. Tra funivie e rifugi, siamo abituati ad andare in giro con zaini molto leggeri, e persino io, che rifiuto queste comodità, mi muovo veloce con uno zainetto leggero. In monte Bianco, ad esempio, con uno zainetto da 20 litri posso partire dal fondovalle, salire e ridiscendere in giornata la Cresta Integrale del Brouillard, con un dislivello complessivo poco inferiore ai 4.000 metri. Prima di partire per il Pakistan pensavo che essere veloci sulle Alpi sarebbe stata una buona strategia per poterlo essere in Himalaya… ma non era così. Ho capito che se non sei un vero fuoriclasse, come Ueli Steck, non puoi pensare di andare veloce anche in Himalaya. D’altronde lo dice anche la storia stessa delle più belle salite in stile alpino, dalla nuova via di Steve House e Vincent Anderson sulla Parete Rupal del Nanga Parbat, che ha richiesto otto giorni complessivi, alle salite di Mick Fowler e Paul Ramsden che sono tra le più belle salite in stile alpino di sempre e sono durate mediamente almeno una settimana.

Quindi hai capito che la tua strada è quella della lentezza.

Guardando all'Himalaya, in un certo senso sì, perché devo avere una resistenza tale da poter arrampicare per molti giorni consecutivamente. Ma su una cresta classica nelle Alpi, ritengo ancora che la cosa migliore per me sia la velocità e la leggerezza. Dunque sono ancora in grado si essere veloce e leggero su una cresta sulle Alpi, ma non mi alleno più specificamente per quello, perchè il mio vero obbiettivo, come dicevamo è altrove. Se un giorno avrò un obiettivo in velocità sulle Alpi, mi allenerò specificatamente per quello, ma non andrò in Himalaya quell'anno ... Non si smette mai di imparare, e ogni sbaglio è l’occasione per fare meglio. Sbagliare è una cosa bellissima se si riesce a imparare dai propri errori.

Meglio l’estate o l’inverno?

La mia scalata da sogno è sempre stata una linea di misto durante la stagione più fredda. Amo tantissimo anche lo scialpinismo, quindi davvero l’inverno è la stagione in cui mi esprimo al meglio. Le stesse pareti che d’estate si raggiungono con un comodo sentiero e sono vicine a qualche rifugio, d’inverno vanno guadagnate con fatica, battendo traccia nella neve fresca con gli sci e uno zaino decisamente più pesante, che deve contenere per forza tutto ciò che serve per i giorni necessari a completare la via e ritornare in valle.

Come scegli i tuoi compagni d’avventura?

Condividere un'avventura con dei buoni compagni di cordata è una cosa bellissima, anzi è uno degli aspetti più forti e profondi dell'alpinismo. Può essere una semplice routine quando tutto fila liscio e si fa qualcosa di facile e divertente, ma quando il gioco si fa serio, si instaura per forza un qualcosa di speciale, che è davvero difficile da descrivere e anche da capire per chi non lo ha vissuto. Succede quando ad esempio non si ha abbastanza materiale da abbandono per poter tornare indietro e quindi l'unica via di fuga è verso l'alto, ma davanti si ha ancora un tratto di parete molto impegnativo, dove non è scontato passare. In quel momento si assapora il senso più profondo della cordata, la sopravvivenza di uno è nelle mani dell'altro e viceversa. Purtroppo ho anche vissuto la faccia più oscura e tremenda di questa stessa medaglia, quando ho perso il mio più caro amico, Francesco Cancarini. E' morto in un incidente in montagna circa due anni fa, purtroppo non è l'unico compagno di cordata che ho perso, ma con lui, fino alla sua morte, avevo vissuto le avventure in parete più forti della mia vita. Per me era più che un fratello e il dolore è sempre presente.

Condividi con noi un ricordo di montagna?

Su tutti, direi l’arrivo in vetta al Crozzon di Brenta con Paolo Baroldi, dopo aver goduto una bellissima arrampicata su ghiaccio e misto della via Lisa Dagli Occhi Blu, dove avevamo anche aperto una nuova variante d’attacco. Quando abbiamo poggiato i piedi in vetta, da un lato il sole tramontava accendendo il cielo di rosso, e dal lato opposto sorgeva la luna piena, enorme come mai l’avevo vista nella mia vita, di un color arancione intenso. Difficile descrivere la grandiosità di quello spettacolo, sono i momenti indimenticabili del mio alpinismo, che mi porto sempre dentro. Ma ho la fortuna di aver vissuto tanti momenti come quello. E non mi stanco mai, ho sempre il bisogno di vivere queste emozioni, da solo in mezzo alla natura.

#escidalsentierotracciato
#elbec

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Redazione ELBEC
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