Teddy Soppelsa, esploratore contemporaneo delle montagne più selvagge e fondatore della rivista online altitudini.it, da molti anni si dedica allo scramblig, soprattutto sulle montagne di casa che affronta con una sua particolare filosofia ed etica.
Teddy, che cosa significa “scrambling”?
Scrambling è il momento in cui togli le mani dalle tasche, dicono i britannici. Quando le mani diventano indispensabili per salire e per scendere lungo brevi risalti rocciosi, crestine e ripidi pendii erbosi (terreni che oggi nessuno definirebbe alpinistici in senso stretto), gli inglesi parlano di scrambling. Una parola intraducibile in italiano e che indica un’attività che sta fra l’escursionismo e l’alpinismo. Una terra di mezzo che racchiude infinite possibilità di vivere e scoprire la montagna, spesso fuori dai sentieri tracciati, capace di riportare in luce il terreno di gioco dei pionieri dell’alpinismo. Un’attività che nella sua forma più pura è esplorazione vera, da fare anche sulle montagne di casa, immaginando nuove vie e ritrovando quelle abbandonate.
Lo scrambling è dare sostanza al nostro camminare. Lo scrambling porta fuori dai sentieri tracciati. E dove va?
Va fuori dalla montagna organizzata, spesso verso quella più faticosa e anche tecnicamente più impegnativa. Si lascia guidare dal fuoco dell’esploratore per cercare la via dei pionieri, per raggiungere una cima senza fama, per percorrere un sentiero appena intravisto, per scovare un possibile passaggio di collegamento da una valle all’altra, oppure per scoprire quella cengia o quel viàz, di cui si conosce poco e che è una leggenda. Ci porta a scoprire la geografia delle montagne e la rete dei sentieri attraverso i quali scorreva il sangue che ne alimentava la vita. Cerca le infinite relazioni tra l’uomo e la montagna, che tanto ci appare selvaggia ma che l’uomo ha sempre visitato e utilizzato. Oggi non ci sono più luoghi inesplorati nella Terra da scoprire e mappare, ma ci sono luoghi dove l’avventura e l’esplorazione sono ancora possibili, a patto di rinunciare a qualcosa per avere di più.
Sul viàz del Falco, Alpi Feltrine (ph. Demis Scopel)
A cosa si dovrebbe rinunciare?
Innanzitutto a una montagna sempre più addomesticata e controllata e a tutto ciò che preclude il sapore della scoperta, come la tecnologia. Al posto di tracce GPS è meglio usare un altimetro e la carta topografica, studiare la geografia dei luoghi attraverso quanto è reperibile in letteratura. La memoria volatile dei luoghi (come toponimi, aneddoti, fatti e persone) impressa nelle pagine di guide escursionistiche, redatte con cura e competenza e non solo a fini commerciali, sono opere preziose di un valore immenso. Nell'impavido "mondo nuovo" di un ambiente completamente controllato dall'uomo, anche la montagna si vorrebbe tenere sotto controllo. Lo scramblig è una specie di distanziamento sociale da una montagna sempre più a misura d’uomo.
Dove si trovano oggi questi luoghi così selvaggi?
Sono un po’ dappertutto, basta cercare. A casa mia, nelle Dolomiti Bellunesi, se penso a un luogo selvatico, ma davvero selvatico, i Monti del Sole e le Alpi Feltrine in generale sono un buon esempio. A differenza di altri gruppi montuosi geologicamente simili, qui la morfologia è diversa e tutto è complicato e tormentato: forti dislivelli a discapito di quote altimetriche modeste, versanti ripidi ammantati da foreste di mughi, forre profondissime alla cui sommità svettano pareti rocciose. Sono tra i luoghi più selvaggi che si possano immaginare. Sono terre che ricordano un mondo al di là dell’umano e ispirano sentimenti di una grandezza superiore all’uomo. Sono luoghi remoti, non tanto geograficamente quanto mentalmente lontani dal quotidiano, monti per chi ama cercare e per chi, a differenza dell’uomo moderno, non ha assopito la fantasia, l’inventiva, la voglia di avventura. Esploratori contemporanei, persone vive anche spiritualmente.
Bivacco in attesa dell’alba (ph. Demis Scopel)
Cosa serve per fare scrambling?
Per orientarsi sul terreno, oltre all’istinto e alle relazioni escursionistiche, bisogna essere abili a trovare e poi seguire i segni lasciati da chi ci ha preceduto, come tagli sui mughi e su altra vegetazione, ometti in pietra, piste di camosci e cervi. Invece è da condannare l’uso di vernici su massi, rocce e alberi per indicare il percorso; unica deroga può essere per i percorsi storici che hanno già dei vecchi segni apposti. Le installazioni di cordini, corde e scalette, come ausilio in qualche difficile passaggio, sono consentite solo in sostituzione di quelle posizionate dai pionieri, nella tradizione del luogo. E anche la ripetizione di percorsi alpinistici storici deve avvenire nel rispetto di primi salitori, senza aggiungere protezioni e ancoraggi fissi (spit).
E nello zaino, cosa si porta?
Nello zaino, oltre al personale abbigliamento, ci possono essere dei ramponcini, molto utili sui pendii erbosi, un seghetto per segnare il percorso e aprirsi la strada e l’occorrente per eventuali manovre di corda, compreso il casco.
L’esile cengia che premette l’accesso alla Bareta del prete nel versante orientale delle Alpi Feltrine (ph. Demis Scopel)
Cosa si deve sapere per iniziare a fare scrambling?
Si deve sapere che il vero terreno dello scrambling è ripido, selvaggio e aperto all'interpretazione. E la natura selvaggia, si sa, può essere molto pericolosa. Per questo lo scrambling va affrontato con le idee ben chiare e con una preparazione alpinistica adeguata.
#elbec
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