Montagna e Sviluppo Sostenibile Montagna e Sviluppo Sostenibile

Montagna e Sviluppo Sostenibile

In occasione della serata organizzata dal CAI di Monfalcone sulla Sostenibilità in Montagna riportiamo uno dei tre interventi sperando come sempre di sollevare un dibattito che ci auguriamo rumoroso!
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Montagna e Sviluppo Sostenibile

Il 13 Dicembre siamo stati invitati dalla Sezione CAI di Monfalcone, assieme a Guido Trevisan e Valerio Scarpa a parlare di Sostenibilità in Montagna. Un rifugista, una guida alpina ed un piccolissimo imprenditore che si battono ognuno a modo suo ed in base alle proprie limitate capacità per una fruizione più rispettosa dell’ecosistema montano e di chi lo abita.

Questo incontro ci ha dato la possibilità di riflettere nuovamente su dei temi che ci stanno particolarmente a cuore permettendoci di fare chiarezza sulle proprie singole posizioni e le proprie priorità che ovviamente seppur complementari sono diverse fra loro.

In questo articolo non proporremo i tre diversi approcci presentati nei tre interventi ma ci limiteremo a riportare quello di Federico Sordini titolare di ELBEC. Ovviamente ci auguriamo che anche Guido e Valerio vogliano fare altrettanto e mettiamo a disposizione il Blog per dare vita al confronto.

Lavori per la creazione di invasi Croda Negra - Cortina d'Ampezzo - Foto @F.PistollatoLavori per la creazione di invasi Croda Negra - Cortina d'Ampezzo - Foto @F.Pistollato
Costruzione del collegamento Cortina - Cinque Torri - Seconda Stazione - Foto @Archivio ELBECCostruzione del collegamento Cortina - Cinque Torri - Seconda Stazione - Foto @Archivio ELBEC

Presentazione

I miei trascorsi di architetto con una specializzazione in Architettura e Sviluppo Sostenibile in Svizzera e poi di consulente per l’Unione Europea in Infrastrutture e Sviluppo Sostenibile mettono in evidenza come gli aspetti legati alla sostenibilità mi abbiano sempre interessato moltissimo. Successivamente una serie di delusioni di carattere ideologico mi hanno fatto abbandonare il mio lavoro e la mia vita precedente per ritirarmi in montagna in Alto Agordino ai piedi della Marmolada dove ho iniziato la mia attività di imprenditore e dove ho avuto il piacere di conoscere sia Guido che Valerio.

Stabilendomi in montagna con la mia famiglia il progetto era quello di avviare delle attività agricole e manifatturiere strettamente interconnesse fra loro e con il territorio che le avrebbe ospitate. Dopo una lunga serie di sconfitte legate principalmente all’ostilità della popolazione e delle amministrazioni locali nell’accettare un foresto per di più ambientalista, abbiamo deciso di concentrarsi sull’aspetto manifatturiero tralasciando le altre attività e quindi rinunciando di fatto all’autoproduzione di lane autoctone (progetto in realtà non abbandonato ma momentaneamente interrotto) ed appoggiandosi su filiere già in essere.

Parallelamente a queste attività sia io che mia moglie abbiamo sempre cercato di esprimere le nostre idee in materia di sostenibilità e tutela ambientale con il risultato di riuscire in pochi anni a trovarci in disaccordo totale con l’amministrazione comunale, quasi tutti gli operatori turistici della valle e molti degli abitanti.

Basta impianti

Nel quadro di queste attività di sensibilizzazione e di protesta volte a tutelare dell’ambiente montano, è nato BASTA IMPIANTI. Nel momento in cui la Regione Veneto ha presentato il progetto di mobilità sostenibile ed alternativa denominato NO CAR per noi è stato impossibile restare con le mani in mano. Questo progetto prevede tre grandi interventi: Il collegamento Cortina-Cinque torri che è stato poi realizzato. Il collegamento Falzarego – Andraz – Arabba in una area protetta di grandissimo pregio geologico, naturalistico e storico (Sief e Col di Lana); Il collegamento Averau – Selva di Cadore - Civetta a ridosso di una’area Rete 2000 (Mondeval) e con il rischio insidioso che il progetto possa portare ad un collegamento successivo che attraversi anche la stessa area protetta.

Nasce così l’idea di creare degli eventi di protesta che potessero attirare l’attenzione dei media grazie alla loro spettacolarità sebbene il numero dei partecipanti fosse limitata. Foto, video, comunicati stampa anche grazie al lavoro dell’ufficio stampa di ELBEC. E' così che con Valerio Scarpa, e Guido Trevisan, assieme ad altri amici alpinisti, fotografi e Guide Alpine, ci siamo ritrovati per dar voce al nostro dissenso.

Il primo evento è stato fatto alle Cinque Torri nel comune di Cortina d’Ampezzo durante la costruzione dei nuovi impianti che grazie al rumore mediatico sollevato dai giornali sono stati immediatamente interrotti. La regione si era infatti improvvisamente accorta che il progetto non rispettava 14, dei 15 requisiti imposti dalla Sovraintendenza in fase di Valutazione di Impatto Ambientale. Ovviamente le problematiche sono state risolte in brevissimo tempo e i lavori hanno ripreso a pieno regime dopo un paio di settimane terminando l’estate di quest’anno.

Il secondo evento è stato fatto in Marmolada dove si prefigura la possibilità di una serie di nuovi impianti tra Veneto e Trentino. Valanga in inverno e collasso del ghiacciaio in estate hanno interrotto, almeno per il momento, il progetto che sicuramente verrà riproposto quando il ghiacciaio presenterà minori criticità o forse quando la prolungata inattività permetterà ai proprietari dei futuri impianti di acquisire a basso prezzo le attività turistiche dell’area oramai in agonia.

Il terzo evento, si è volto, su di una cima nell’area del Sief - Col di Lana interessata dal probabile collegamento Arabba – Andraz – Fazarego durante il campionato Mondiale di Sci. Un evento che contrapponeva il silenzio e la bellezza al chiasso e le brutture nei giorni dei Mondiali di Cortina. Evento che vanta una importante pubblicazione di intervista e foto sulla rivista nazionale del Club Alpino Italiano.

Quanto questi eventi siano riuscire a creare dissenso nella popolazione locale e nell’opinione pubblica non sta a noi dirlo ma verrebbe d pensare che non siano serviti assolutamente a nulla. Forse non siamo più in un periodo storico dove è possibile sensibilizzare le masse e in futuro andranno formulate nuove forme di protesta più incisiva.

Marmolada - Foto @Archivio ELBEC Marmolada - Foto @Archivio ELBEC
Piccolo Settsass - Foto @L. BaruttaPiccolo Settsass - Foto @L. Barutta
la Locandina della serata organizzata dalla Sezione CAI di Monfalconela Locandina della serata organizzata dalla Sezione CAI di Monfalcone

Lo sviluppo sostenibile

Il tema della serata è "lo sviluppo sostenibile e la montagna" e non "le nostre azioni di proteta" quindi per prima cosa vorrei riallacciarmi proprio a questo tema e a costo di risultare noioso vorrei riprendere proprio la definizione di “sviluppo sostenibile” ripartendo da alcune nozioni fondamentali.

Il concetto di sviluppo sostenibile è un concetto relativamente moderno che nasce negli anni ’60 assieme al concetto di ecologia. Nei primi anni ’70 con la crisi energetica (che nulla aveva a che vedere con cause di origine ambientale) questi concetti si diffondono sino a diventare termini di uso comune in seguito addirittura abusati.

Lo sviluppo sostenibile si trova all’intersezioni di tre aree concettuali differenti:

Sostenibilità economica: intesa come capacità di generare reddito e lavoro per il sostentamento della popolazione.

Sostenibilità sociale: intesa come capacità di garantire condizioni di benessere umano (sicurezza, istruzione, partecipazione, giustizia.) equamente distribuite per classi e genere.

Sostenibilità ambientale: intesa come capacità di mantenere inalterate le risorse naturali disponibili di modo che le generazioni future possano beneficiare della stessa qualità e della stessa quantità.

Guardando al contesto montano, alla luce di quanto esposto, appare evidente come al momento l’unica sostenibilità verso cui si tenda sia quella economica e come parlare di sviluppo sostenibile sia decisamente prematuro rispetto allo stato attuale delle cose.

Prima di tutto quindi bisognerebbe pensare a delle attività economiche che portino sviluppo e non siano esclusivamente predatorie nei confronti del territorio e dei suoi abitanti e in un secondo momento, o se volete contestualmente, ragionare su come queste attività possano essere più o meno sostenibili.

Green Washing

Capire cosa sia realmente sostenibile è diventato negli ultimi anni sempre più difficile. Stiamo assistendo ad un uso inflazionato delle parole: “sostenibilità”, “green”, “resilienza”, “etica”. Tutti termini che derivano proprio dalle teorie dello sviluppo sostenibile ma che ormai sono slogan avulsi da qualsiasi contesto e non corrispondono più a nulla di concreto e di sostenibile con l’effetto di perdere completamento di significato e di confondere l’interlocutore.

Ciò ovviamente non è casuale e penalizza grandemente chi crede che uno sviluppo sostenibile sia realmente possibile operando in tal senso.

E’ così ad esempio che per semplificare problemi complessi si introduce il valore di emissione di C02 come unico parametro universale per discernere da ciò che è sostenibile e ciò che non lo è.

Focalizzarsi su di un solo parametro che riguarda la sostenibilità ambientale tralasciando gli aspetti economici e gli aspetti sociali è già di per sé un errore.

Quando poi, come nel caso del poliestere riciclato il pacchetto di Co2 viene messo sul poliestere azzerando quello del riciclato siamo di fronte ad una chiara operazione di marketing e di “green washing”!

Lo Sviluppo Sostenibile come punto di incontro fra diverse sosenibilitàLo Sviluppo Sostenibile come punto di incontro fra diverse sosenibilità
Green Washing - Hurricane - copyright @ELBECGreen Washing - Hurricane - copyright @ELBEC

Il turismo e lo sci alpino

Ma torniamo alla montagna e alle attività economiche che maggiormente la caratterizzano. Ad oggi sembra che il solo motore economico su cui poter fare affidamento sia il turismo e quindi lo sci alpino che rappresenta un’importante fetta di questo settore. A furia di sentirselo ripetere quotidianamente può essere che qualcuno si sia convinto che questa affermazione sia vera.

“Ricordiamo che il turismo in montagna nasce inizialmente nel periodo estivo e solo in un secondo momento con la diffusione dello sci anche nel periodo invernale”

In realtà lo sci alpino (n.d.r. lo sci alpino è lo sci di discesa su pista) è una attività estremamente impattante e profondamente predatoria sia a livello di risorse ambientali che umane che ha l’effetto di accentrare la ricchezza ma soprattutto il potere nelle mani di pochissimi e frenare lo sviluppo di attività economico alternative più diffuse e meno impattanti.

Quando si parla delle ricadute economiche dello sci invernale si fa sempre riferimento al numero di occupati che lavorano nel settore (solo un terzo sono contratti di residenti e solo una parte di questi sono a tempo indeterminato) ma difficilmente si parla dei costi che lo sci ha sulla collettività.

Il costo dei finanziamenti pubblici:

Il primo è il costo diretto sulle casse dello stato e quindi su di noi cittadini attraverso i contributi a fondo perduto di cui beneficiano sia le società impiantistiche in attivo sia quelle in evidente e cronico passivo.

E’ bene ricordare che in Italia abbiamo 1.786 impianti di risalita per 5.760Km di piste di cui un quarto non funzionante, con 234 impianti dismessi 135 impianti temporaneamente chiusi e 149 in grave affanno economico.

Da uno studio molto dettagliato a cura di Simone Bobbio, Maurizio Dematteis e Daria Rabbia emergono alcuni fatti eclatanti. Il primissimo dato è che è praticamente impossibile risalire ai costi reali dello sci alpino a causa di una totale opacità di tali finanziamenti. Riassumendo i dati del rapporto si evince che i finanziamenti a fondo perduto di ogni regione montana per i propri impianti si aggirano attorno ai 20 milioni di euroa a stagione. Trentino ed Alto Adige sembra siano molto superiori ma ciò è impossibile da valutare visto che esistono svariate società partecipate che funzionano come scatole cinesi.

Ovviamente in questo calcolo non vengono computati i soldi che vengono dati dai singoli comuni. Il Comune in cui siamo residenti ad esempio versa dal 2019 la bellezza di 500.000€ (presi dal fondo di confine istituito con lalegge Brancher e che dovrebbero essere utilizzati per interventi di interesse comune) per sostenere l’innevamento della pista Padon-Malga Ciapela di proprietà privata.

Il costo dei soccorsi:

Solo in Valle d’Aosta il costo degli interventi annui si aggira intorno ai 75 milioni di euro. Solo per dare un’unità di misura nel bacino di utenza del Superski lato Veneto (Arabba, Civetta, Zoldo e Falcade) dove sono stato volontario del 118, la media degli interventi giornalieri del SUEM sull’arco dell’intera stagione è di 45 interventi al giorno (soccorso piste, Ambulanze ed Elicottero).

Il costo per l’ambiente

Il rapporto annuale di Neve Diversa di Lega Ambiente (Presidente Vanda Bonardo) mette in evidenza come a fronte di precipitazioni in riduzione sarebbe un errore non riconoscere che lo sci alpino non ha più un ruolo trainante per l’economia montana. La montagna cambia a vista d’occhio e sarà sempre più difficile identificare la stagione invernale con lo sci alpino o quantomeno esclusivamente con lo sci alpino (per essere ottimisti sul futuro delle precipitazioni).

Gli effetti del cambiamento climatico devono essere affrontati con lungimiranza ed intelligenza puntando a modelli economici capaci di generare ricadute positive che non gravino sulle generazioni future.

Dati preoccupanti giungono dall'ultimo aggiornamento (3 marzo 2022) dell'Autorità di Bacino del Po, secondo cui si rilevano anomalie dell'ordine di -40% nelle portate del fiume, di -60% in quelle degli affluenti, e di -70% nel volume d'acqua attualmente immagazzinato in forma nevosa sulle Alpi italiane conseguente risalita del cuneo salino.

A fronte di tutto questo facciamo due conti:

Un cannone consuma in media 8kWh, per produrre 30 mc di neve che serve a coprire 80 metri di pista.

Servono 15.000 litri d’acqua per produrre 30mc di neve.

Per un kilometro di pista servono quindi 187.000 litri d’acqua.

Ovviamente ci siamo soffermati solamente sull’aspetto del consumo dell’acqua e dell’energia per la produzione della neve, tralasciando l’energia per il funzionamento dei gatti, delle motoslitte, dei trasporti di materiali e personale, e soprattutto dell’energia necessari per il funzionamento degli impianti a fune ma poi dovremmo aggiungere le emissioni ed il costo energetico per la realizzazione degli impianti e la loro manutenzione.

Insomma che la cosa non sia sostenibile dal punto di vista ambientale appare evidente ma per chi avesse ancora qualche dubbio sulla sostenibilità economica permettetemi di raccontarvi questo aneddoto: Una mattina incontro uno degli investitori del progetto veneto NO Car tanto voluto e pubblicizzato come soluzione “green” al traffico sui passi dolomitici da Zaia e dopo un po’ che parliamo del più e del meno gli faccio qualche domanda sul futuro progetto e la sua risposta è laconica: “ comunque sono stato in regione e glie l’ho detto molto chiaramente: o ci danno il 90% a fondo perduto oppure noi non muoviamo un dito!”


Ecco come avviene l’imprenditoria dello sci. Preventivi faraonici, finanziamenti a fondo perduto e ricadute economiche per pochi tecnici e qualche costruttore, il resto è in perdita e sarà la collettività a pagare oltre che la costruzione anche la gestione, molto spesso in passivo. 

Quali sarebbero dunque le famose ricadute dello sci? Senza cadere nei luoghi comuni basta guardare la realtà e constatare (tranne poche eccezioni che confermano la regola) che in montagna i soli comuni che hanno mantenuto inalterato il numero dei propri abitanti sono quelli che non hanno impianti di risalita.

Gli striscioni di Basta Impianti calati dalla torre degli inglesi - Cinque Torri - Foto @Archivio ELBECGli striscioni di Basta Impianti calati dalla torre degli inglesi - Cinque Torri - Foto @Archivio ELBEC
Preparativi per calare gli striscioni dall torre bassa - Cinque Torri - Foto @Archivio ELBECPreparativi per calare gli striscioni dall torre bassa - Cinque Torri - Foto @Archivio ELBEC

Il turismo di massa

“lo sci è solo uno delle tante facce del turismo in montagna pensiamo invece al turismo estivo in cui per prima cosa si è cancellato il senso di limite da sempre strettamente connesso a tutte le attività di montagna, poi si è eliminata la fatica agevolando ogni possibile accesso a chiunque lo desiderasse e poi con il turismo di massa si è persa anche il senso di accoglienza e di qualità” Luigi Casnova.Presidente onorario Mountain Wilderness.

Il turismo inteso come ospitalità non esiste più. Si è incentivato il turismo mordi e fuggi in cui l’ospite viene spremuto come un limone nel più breve periodo possibile offrendogli “instagram spot” da fotografare e condividere.


Il turismo di massa, così come è strutturato al momento, non è sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale ma permette come lo sci di indirizzare ingenti quantitativi di denaro nelle mani di pochi. È il modello capitalistico che impone questo modus operandi: costi sempre più elevati del lavoro, dell’energia e delle materie prime obbliga a massimizzare i profitti nel periodo di tempo più breve possibile.

Questo modello economico di capitalismo accelerato che stiamo vivendo in questo momento si applica a tutte le attività economiche soffocando tutto ciò che potrebbe essere sostenibile, lento, piccolo e connesso al proprio territorio.

Sempre per prendere ad esempio il comune dolomitico in cui abito da alcuni anni arrivano dei grandi greggi di pecore da carne dal Trentino per pascolare sui terreni di proprietà privata e non. Invece dello sfalcio questa pratica è addirittura remunerativa in quanto i pastori pagano variate decine di migliaia di euro al comune per poter pascolare. Ciò è possibile grazie alla PAC che sono dei finanziamenti europei che si ottengono moltiplicando il numero dei capi, per la superficie utilizzata e l’altitudine. Riuscite a capire dove sta il business? Quello che è grave è che un piccolo allevatore, che avrebbe diritto a questi aiuti, non è altro che d’intralcio alla macchina e viene ostacolato in tutti i modi.

Può un’economia vivere di solo turismo?

Comunque ciò che appare evidente è che un territorio non può vivere di solo turismo e seconde case ma deve avere delle attività economiche alternative altrimenti si svuota trasformandosi in riserva per turisti con grave danno per tutti, in primis chi quel territorio lo abita.

I finanziamenti però sono indirizzati prevalentemente sul turismo e sullo sci e da qualche tempo anche su grandi opere ed eventi sportivi di rilievo.

Agricultura e silvocultura sono morte (parlo del veneto) prevalentemente per due motivi:

parcellizzazione fondiaria e sovvenzioni europee indirizzate verso altre nazioni come l’Austria.

Quindi se il problema della sostenibilità è un problema legato all’andamento generale dell’economia e del mercato, l’unico modo di intervenire per un cambiamento radicale non può che passare attraverso la politica.

Sciatori su pista - Foto @WEBSciatori su pista - Foto @WEB
Sciatori su pista - Foto @WEBSciatori su pista - Foto @WEB
Un altro modo di vivere la montagna - Scialpinismo in Valle Ombretola - Foto @A. GabrieliUn altro modo di vivere la montagna - Scialpinismo in Valle Ombretola - Foto @A. Gabrieli

L’importanza della politica e il disinteresse per la montagna

Purtroppo la politica per il momento non sembra intenzionata a cambiare direzione. Troppo grandi sono gli interessi economici nelle mani di pochissimi beneficiari con maggiore facilità di gestione. Grandi finanziamenti per pochi permettono di avere ricadute individuali maggiori e per meno beneficiari ed inoltre il bacino elettorale della montagna è ridottissimo e quindi poco interessante.

E’ un peccato che i politici non siano interessati ai problemi della montagna perché ci potrebbero essere soluzioni semplici che potrebbero avere un impatto immediato:

Si potrebbe evitare che il periodo turistico si concentri in brevi periodi dell’anno, distribuendo le ferie in base alle regioni, alle professioni o ai settori lavorativi, come avviene in alcuni stati europei;

Si potrebbero ridurre le ferie scolastiche estive inserendo nel calendario intervalli cadenzati ogni 6 sei settimane come avviene in tutta Europa;

Si potrebbe facilitare l’unificazione fondiaria sopprimendo le tasse di registro per i terreni contigui, favorendo le procedure di esproprio in caso di assenza di eredi.

Si potrebbero programmare aiuti economici per le attività economiche (tutte non solo quelle legate al turismo) delle aree montane ed incentivi fiscali per chiunque abbia la propria attività nelle aree montane (indipendentemente dal sesso e dall’età), magari favorendo le attività ed i servizi assenti.

In particolare le attività agro, silvo, pastorali dovrebbero essere incentivate e supportate attraverso politiche ad hoc mirate a sostenere i prezzi di produzione ma soprattutto orientate alla riduzione della burocrazia e gli standard imposti dall’Europa che risultano essere economicamente proibitivi per le piccole realtà.

Attirando imprenditori ed incentivando la nascita di attività economiche diversificate in montagna è probabile che si arrivi a breve termine ad una crescita demografica. Tale crescita potrebbe facilitare il mantenimento di ospedali, servizi sanitari e scolastici al momento sempre più carenti.

Bisognerebbe, dal punto di vista dell’amministrazione del territorio,  rinforzare le Province, ridurre il potere delle Regioni che hanno dimostrato la loro incapacità a gestire territori diversificati e complessi, accorpare i Comuni riducendo la spesa pubblica.

Si potrebbero fermare le concessioni delle Centraline idroelettriche ai privati, aumentando i canoni ai privati per permettere di ridurre le tasse comunali degli abitanti;

Si potrebbe incentivare qui risiede e chi restaura edifici esistenti, favorire gli affitti a lunga scadenza rispetto a quelli stagionali o turistici, disincentivare le seconde case e gli affitti turistici favorendo l’ospitalità diffusa presso l’abitante.

Ma dove si possono trovare i soldi per permettere tutto questo?

Dove trovare i soldi per fare tutto ciò è molto semplice. I soldi ci sono e sono sufficienti basta ridurre grandemente gli aiuti economici del comparto turistico e dello sci alpino e distribuirli su tutte le altre attività generando un circolo virtuoso che non tarderà ad avere ricadute positive per molti con un minore impatto ambientale.

Concludo dicendo che uno sviluppo sostenibile per la montagna è possibile a patto che ci sia la volontà politica per immaginarlo e per realizzarlo e al momento questa volontà sembra non esserci.

A conferma di ciò proponiamo queste due bellissime foto di Valerio Scarpa scattate prima delle ultime elezioni amministrative.
Grazie

Cartelloni Elettorali in Alto Agordino - @V. ScarpaCartelloni Elettorali in Alto Agordino - @V. Scarpa
Cartelloni Elettorali in Alto Agordino - @V. ScarpaCartelloni Elettorali in Alto Agordino - @V. Scarpa

Autore
Federico Sordini
Federico Sordini
CEO ELBEC
ELBEC viene fondata nel 2015 da me, Federico Sordini, montanaro DOC (Di Origine Cittadina), architetto laureato a Parigi e specializzato in architettura sostenibile a Losanna. Collaboro con le principali organizzazioni non governative internazionali in progetti di emergenza, post urgenza e sviluppo che mi portano a stretto contatto con realtà complesse in Africa, Asia e Sud America. Ambientalista attivo, Alpinista di scarso livello, Amante della Montagna.

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